mercoledì 27 maggio 2009

2 Eluana Englaro

Queste riflessioni sullo spinoso caso di Eluana Englaro sono state pubblicate sotto forma di Lettera al giornale sul Messaggero Veneto del 5 febbraio 2009

Non siamo nell’Iran di Komeini

Vorrei esprimere alcune considerazioni come persona, cittadino e come medico in pensione, sul caso di Eluana Englaro, ora che si avvia all’epilogo.
Francamente ogni volta che sento parlare o leggo articoli di giornali, scritti a proposito o a sproposito su questa triste vicenda, sulla quale tutti si sentono in dovere di esprimere giudizi e d’invadere la privacy di quella povera famiglia, mi viene in mente la parola SCONCERTO.
Proprio così, resto sconcertato dalla mancanza di rispetto per il dolore della famiglia che, iniziato diciassette anni or sono li accompagnerà per sempre, perché il dolore per la perdita di un figlio non si può cancellare.
Mi domando, indipendentemente dalle opinioni di tutti quelli che spendono tante parole sull’argomento, quale sostegno sia stato dato alla famiglia. Quanti di coloro che difendono verbalmente la vita a tutti i costi, s’impegnino in prima persona tutelando, sostenendo, aiutando, rispettando i diritti delle persone più fragili e agendo in modo che altri li rispettino. Perché persone che soffrono, famiglie che soffrono ce ne sono tante.
Resto sconcertato per la latitanza della classe politica. I politici continuano a dimostrarsi sempre più opportunisti nel lasciare la discussione su argomenti così cruciali per tutti noi, all’onda emotiva della coscienza etica collettiva che, essendo caratterizzata da mille variegate voci, crea solo smarrimento. Sarebbe meglio che argomenti come il testamento biologico o altri che riguardano la vita di tutti fossero discussi nelle sedi opportune e si legiferasse definitivamente in maniera adeguata nel rispetto di chi ha la fede, ma anche di chi non ce l’ha.
Resto sconcertato dalla non osservanza di una sentenza, giusta o sbagliata che la si consideri, emessa dal supremo organo giuridico dello Stato e che molti invitino a disattenderla. I miei genitori mi hanno insegnato che questa è disobbedienza civile. Cosa spiegano ai loro figli, agli allievi, o ai giovani con cui hanno a che fare quelle persone: a seguire le proprie convinzioni religiose o la legge dello Stato? A seguire un’etica obiettiva che miri al rispetto della persona, anche se laica, o solo di quella cattolica? Stiamo parlando di libertà ed io non voglio, di proposito, far parte di quel coro che entra nel merito del problema medico che affligge Eluana e la famiglia Englaro, fornendo un ulteriore voce personale ad un problema che è diventato fin troppo collettivo.
Resto sconcertato dall’ingerenza di certi settori cattolici integralisti che pretendono d’imporre le loro idee anche a chi è laico e non dimentichiamo che lo Stato è e deve rimanere laico! Non siamo in uno stato teocratico come l’Iran di Komeini. La Chiesa cattolica è sì parte integrante della nostra cultura e quindi ha il sacrosanto diritto e il dovere di esprimere le proprie idee, ma non può pensare di imporle a tutti. Nella Costituzione, così spesso disattesa, è garantita la libertà di culto per tutte le confessioni religiose.
Resto sconcertato da alcuni cattolici, così integralisti da sentirsi in dovere di bacchettare il Vescovo per non aver preso provvedimenti drastici, si è parlato addirittura di scomunica, nei confronti dei dieci “preti di frontiera” firmatari dell’ormai famoso quanto scottante documento. Si ha l’impressione di ripiombare ai tempi dell’Inquisizione, quando la Chiesa era più attenta a non perdere il suo potere temporale e l’ortodossia che gli consentiva di mantenerlo, piuttosto che vivere secondo i dettami evangelici.
Resto sconcertato, e con questo concludo, sperando di non apparire come Catone il Censore, bensì come un cittadino nauseato, dall’eccesso di riflettori puntati su questa drammatica vicenda che interessa una sola persona, sottolineando che, di contro, ben poca visibilità è stata data, per esempio, ai milleduecento morti palestinesi o a tutti quelli, laici o missionari, che ogni giorno vengono trucidati negli oltre cento conflitti in corso attualmente nel mondo.
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