lunedì 14 dicembre 2009

La libertà di culto

Queste considerazioni sulla libertà di culto sono state pubblicate sulla rubrica "La posta dei lettori" del Messaggero Veneto del 15 dicembre 2009.

Il recente risultato del referendum svizzero sul blocco della costruzione dei minareti, le polemiche sul cimitero islamico a Udine e la sentenza di Strasburgo sul crocifisso sono tutte inaccettabili espressioni di violazioni della libertà di culto, diritto sancito dalla nostra Costituzione. Quando viene a mancare il rispetto dell’altro, chiunque esso sia, ateo o credente, cattolico o mussulmano, s’imbocca una deriva di pensiero che può portare verso rigurgiti xenofobi e razzisti. La paura e l’ignoranza finiscono per prevalere sulla tolleranza, sul rispetto e sull’interazione, intesa come reciprocità tra persone e culture senza predominanze, che determina la “crescita” di ognuno. Molto di più, quindi, dell’integrazione cioè adeguamento dell’immigrato alla cultura e al contesto che accoglie rinunciando in parte alla sua identità. L’arricchimento deriva dalla libera circolazione delle idee non dall’arroccarsi su posizioni di intransigenza e di preminenza. Ma com’è possibile che alcuni si arroghino il diritto di imporre ad altri, con prepotenza, le proprie idee? Non si può far altro che ribellarsi ad un simile modo di pensare e di agire e non si può che temere chi crede di avere solo certezze. Pericolosi coloro che ammettono un’unica ragione: la loro e non sono minimamente sfiorati dalla “virtù del dubbio”, titolo di un interessante libro di Zagrebelsky. A proposito della sentenza di Strasburgo, ritengo vessatorio il verdetto contro la presenza del crocefisso nelle aule scolastiche ed uffici pubblici. Fa parte della nostra tradizione e, credenti o no, va rispettato per ciò che rappresenta. Sarebbe auspicabile che molti di quelli che lo difendono a spada tratta, oltre a parlare, facciano propri comportamenti come l’Accoglienza, più coerenti con quanto insegnato da Gesù Cristo, anche Lui migrante. Gli integralisti di qualunque religione sono sempre stati forieri di tragedie. Non considerano la religione al servizio di tutti, non promuovono l’interazione e, invece di abbattere i muri della diffidenza, li alzano sempre più. Quest’anno ricorre il ventennale della caduta del muro di Berlino, ma per un muro abbattuto quanti altri ne sono stati alzati, reali o virtuali. La storia è piena di ignobili misfatti perpetrati in nome di qualche dio. La scrittrice egiziana Nawal El Saadawi, il cui nome è nell’elenco delle persone condannate a morte dagli integralisti islamici, ha scritto, a proposito del referendum elvetico, “…Quel voto è un regalo ai fanatici che vivono di guerre di civiltà e che non aspettano altro che dire alla moltitudine mussulmana: avete visto, questo è il vero volto dell’Occidente crociato.” Khaled Fouad Allam, un mussulmano, docente universitario che è stato anche parlamentare italiano, ha scritto il libro “La solitudine dell’occidente”. L’autore, dalla sua posizione di osservatore privilegiato dei due mondi, sostiene che l’occidente deve fare i conti con le proprie identità multiple e imparare a comprendere le complessità anziché combatterle. Non più scontro, ma confronto, incontro delle diversità e crescita reciproca. Da noi non si trova di meglio che discutere sul cimitero islamico di Udine. Ma con quali argomentazioni razionali si può negare il diritto alla sepoltura a chi ha una religione diversa. La pietà per i defunti è universale, perché la morte, come diceva Totò è “A livella” e di fronte a lei siamo tutti uguali e poi non era forse Gesù Cristo a dire “Ama il tuo prossimo come te stesso”?. In questo clima così ostile non destano grande stupore le dichiarazioni di alcuni esponenti della Lega che vorrebbero riproporre in Italia un referendum analogo a quello svizzero. Non si tratta di una variante al piano urbanistico ma di un rigurgito di xenofobia e razzismo. Costoro dimenticano, o forse non sanno, che, pochi decenni or sono, su alcuni locali pubblici della confederazione elvetica comparvero cartelli con la scritta “E’ vietato l’ingresso ai cani e agli italiani.” Di contro però sono sempre stati ben accetti i capitali che molti italiani, anche al governo, facevano e fanno entrare illegalmente in quel paradiso fiscale. E’ proprio un bel esempio da seguire!

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martedì 24 novembre 2009

Volontariamente

Questa lettera è stata spedita al Messaggero Veneto il 22 novembre 2009

Giovedì 12 novembre è stato pubblicato su questo giornale un articolo dal titolo
-Il progetto “VolontariaMente” coinvolge i giovani-. Sul testo erano riportati dati parziali e/o inesatti e a me pare che le informazioni debbano essere corrette e complete. Senz’altro chi l’ha scritto era in buona fede e ha considerato, magari con un po’ di superficialità, solo l’ultima parte del progetto, senza preoccuparsi di conoscerne la storia. Credo però che qualche precisazione sia doverosa anche perché VolontariaMente rappresenta un valido esempio di come le associazioni di volontariato possano evidenziare costruttivamente punti deboli del sistema, proporre possibili soluzioni, promuovere la costituzione di reti con le istituzioni che garantiscano poi la continuità dei progetti nel tempo. L’Anffas Alto Friuli è un’associazione che si prende cura e carico di famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, ma non solo, e nel consiglio direttivo, già da diversi anni, era chiaro quanto fosse importante rivolgersi ai giovani all’interno delle scuole per sensibilizzarli alla solidarietà e al volontariato. L’idea è stata esposta ad altre due realtà di volontariato, operanti entrambe nel campo della disabilità, Dinsi Une Man e Comunità di Rinascita, che vi hanno subito aderito.
Dalla collaborazione di queste tre associazioni, col parternariato della Carnia Special Team, grazie a un finanziamento del Centro Servizi Volontariato, è nato il primo VolontariaMente. E’ stata inoltre richiesta la partecipazione della ASS3 Alto Friuli, in particolare dei Servizi Sociali dei Comuni, che riconoscendo la validità formativa della proposta, ha subito reso disponibile un’educatrice dell’Unità funzionale socio-educativa. Riporto testualmente le motivazioni del primo progetto. “L’idea del corso e’ nata da una precedente esperienza fatta in una scuola superiore di Tolmezzo, che ha visto coinvolti alcuni studenti in funzione di tutor durante un corso d’informatica per giovani disabili. Alla fine del percorso tutti i ragazzi si sono dichiarati soddisfatti ed alcuni hanno proposto di proseguire l’esperienza. Con questo progetto pensiamo di dare risposte, stimoli e motivazioni ai giovani affinchè si avvicinino al mondo del volontariato, considerando quest’opportunità un’occasione di crescita, un modo per guardarsi attorno a 360° e scoprire che non esistono solo i loro problemi, per conoscere le loro emozioni e imparare a valorizzarsi reciprocamente, a relazionarsi con gli altri, a imparare a riconoscere i bisogni degli altri e a far emergere potenzialità spesso nascoste.”
Così, nell’anno scolastico 2004-05, VolontariaMente è stato presentato e svolto in tutti gli istituti superiori di Tolmezzo. Il progetto prevedeva tre fasi.
La prima di 4 incontri con le classi 3° e/o 4° per “promuovere tra gli studenti la cultura della solidarietà, la valorizzazione delle diversità, la riflessione sul valore del volontariato per la crescita personale di ogni ragazzo.”
La seconda riguardava una specifica formazione del volontariato ed era costituita da 7 incontri di 3 ore l’uno in cui, attraverso momenti teorici e pratico-esperienziali, si è analizzato e riflettuto su bisogni e motivazioni personali, comunicazione e relazione con l’altro, presa di coscienza delle proprie capacità e responsabilità.
Nella terza fase era previsto un convegno con persone che operano nel volontariato, in grado di portare testimonianze significative sulla loro esperienza, motivazioni e azione politica. VolontariaMente è stato apprezzato nelle scuole e riproposto l’anno dopo, nelle due prime fasi, dalle stesse associazioni , con rifinanziamento del CSV e collaborazione dei SSC, con qualche piccola modifica derivata dall’analisi dei punti di forza e delle criticità emersi durante la sua prima attuazione. Durante l’anno scolastico 2006-07, Anffas e DUM, hanno concorso a un bando regionale previsto dall’articolo 8 della L.R. 12 sul volontariato per avere il finanziamento necessario allo svolgimento, puntualmente avvenuto, della terza edizione del progetto.
E’ stato nell’anno successivo che le associazioni, non l’ASS3, che “hanno pensato, attivato e fortemente voluto” VolontariaMente hanno ceduto il passo. Vuoi perché, all’interno delle associazioni le esigenze, come le idee, sono sempre tante, ma le persone disponibili a tradurle in azioni sono poche e sempre le stesse, vuoi perché tra associazioni è spesso difficile coordinarsi, vuoi perché ormai era ampiamente dimostrata la validità del progetto e ci sembrava che l’ASS fosse interessata a darne continuità. E così è stato. Il resto l’abbiamo letto sull’articolo.
Mi si permetta ancora di proporre ai lettori qualche spunto di riflessione sull’azione di promozione culturale e sociale che possono svolgere le associazioni di volontariato e di quanto fruttuosa possa essere la collaborazione delle stesse con le istituzioni. La conoscenza dei bisogni, le esperienze, i saperi sono diversi, ma se ci si orienta verso uno scopo comune, il ben-essere di tutti, e si opera in sinergia si ottengono migliori risultati e si ottimizzano le sempre più scarse risorse. Qualche passo sull’ardua strada della co-progettazione sociale tra istituzioni e volontariato qui in Carnia si è fatto, ma gli incidenti di percorso sono sempre in agguato e la meta è ancora parecchio lontana. C’è lavoro per tutti.
Elisa Barazzutti presidente di Anffas Alto Friuli onlus

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domenica 8 novembre 2009

Il business sulla disperazione

Questa lettera è stata pubblicata sul Messaggero Veneto di martedì 24 novembre 2009.

Se guardo indietro, penso a quanto mi insegnavano i miei genitori, maestri elementari, e lo paragono ai valori di riferimento della società di oggi, c’è di che confondersi. Sono sicuro che molta gente ha voglia di cambiare questo sistema incancrenito dal particolarismo di chi è al potere, che non si occupa della gestione del bene pubblico e che, pare agisca all’insegna di un virtuosismo che punta al ribasso (Paolo Guzzanti). Tutti, nell’arco della vita, si confrontano con la scuola e il lavoro. La scuola, come io la ricordo, era impegnativa, ci insegnavano a ragionare, riconoscevano i nostri meriti, ma se non studiavamo, ci bocciavano. Anche allora c’erano problemi culminati nella rivoluzione studentesca del ’68, ma c’era passione, voglia di fare e di cambiare le cose. Attualmente, con la riforma Gelmini, la scuola arranca tra tagli di finanziamenti e risorse umane, scontentando sia studenti che professori con svalutazione della qualità dell’insegnamento. Mi hanno educato a rispettare il lavoro, perché permette di esprimere le proprie capacità e di raggiungere l’indipendenza economica. Allora i contratti erano in prevalenza a tempo indeterminato con la sicurezza della pensione a fine carriera. Attualmente, i nuovi contratti sono a termine e con nessuna garanzia. Salari bassi, scarsa incentivazione del profitto, incertezza del posto di lavoro, fuga di cervelli, disoccupazione crescente poco mitigata da ammortizzatori sociali. E cosa dire di quel bollettino di guerra rappresentato dai morti sul lavoro e di cui si parla troppo poco? Eppure istruzione e lavoro sono diritti sanciti dalla Costituzione. Dopo anni di esaltazione del lavoro a termine, c’è chi “riscopre” il valore del posto fisso. Certo, assenteisti e lavativi vanno puniti, ma chi lavora bene va incentivato, coinvolto nella programmazione. Alla schiera dei precari, che non possono programmarsi un futuro, si è aggiunta quella dei nuovi disoccupati e cassaintegrati che certamente non saranno ottimisti come vorrebbe il nostro premier. Ma qual è la soluzione? Eccola, a portata di mano! Si tratta di Win for life, la speranza racchiusa in un gratta e vinci. E’ incredibile che si riesca a fare business anche sulla disperazione! E’ degli ultimi giorni la notizia che alcuni supermercati, tra le promozioni, propongono biglietti, cedibili, che concorrono all’estrazione di un posto di lavoro per un anno a mille euro al mese. Questa è la creatività degli italiani nei momenti di crisi?!
Un tempo il rispetto per le istituzioni, per le forze dell’ordine e per la giustizia facevano parte dei valori insegnati in famiglia, a scuola e in parrocchia. Attualmente pare che il rispetto della legge sia imposto solo al poveraccio. E’ più facile andare in galera per furto di pane per fame, che di molti miliardi per insaziabile bramosia di ricchezza. Allucinante e incredibile in uno Stato democratico la vicenda di Stefano Cucchi. Un nome che pesa come un macigno, perché è lo Stato ad averlo sulla coscienza. La Magistratura dovrà accertare le responsabilità di chi, mi auguro sia solo una scheggia impazzita del sistema, lo ha picchiato a morte e, invece di tutelarlo, ne ha calpestato i diritti ponendo fine alla sua vita. Attualmente emerge dai media che il sistema politico funziona con la ricerca sistematica degli scheletri negli armadi degli avversari da usare come arma di ricatto, con gli intrallazzi con poteri malavitosi organizzati, con le pressioni sui giudici, con la minaccia di modificare la Costituzione perché rallenta il decisionismo di chi è al potere e non, piuttosto, con il confronto e la dialettica democratica. Certo i processi hanno tempi biblici, ci vuole una riforma, ma questa va fatta nell’interesse del popolo e non dei singoli. Mi fermo qui perché il discorso sarebbe veramente lungo e potrebbe diventare noioso. Da parte mia sono grato a chi mi ha fornito quegli insegnamenti e ho sempre prediletto l’onestà intellettuale e l’etica professionale piuttosto che perseguire la carriera a tutti i costi. Certamente è ’un percorso più difficile che non l’adeguarsi al comune sistema del do ut des. Che bello però alzarsi la mattina, guardarsi allo specchio ed essere soddisfatti.

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lunedì 5 ottobre 2009

ETICA - Una deriva intollerabile

Queste considerazioni sono state pubblicate, nella rubrica "La posta dei lettori", sul Messaggero Veneto del 22 ottobre 2009.

Etica è una parola molto abusata, ma qual è il suo vero significato? Sfogliando lo Zingarelli si legge “Parte della filosofia che studia i problemi e i valori connessi all’agire umano: la distinzione tra il bene e il male è propria dell’etica…”
C’è da chiedersi come sia possibile tollerare una deriva etica come quella che stiamo vivendo. Abbiamo un governo forte con i deboli e debole con i forti. Pare un giochetto di parole, ma in realtà nasconde una verità drammatica derivata dallo slittamento della priorità dei valori dall’Uomo al dio denaro. Si è persa l’umanità, la tolleranza e la solidarietà, un tempo tipiche degli italiani, per far posto alla bugia sistematica, allo sprezzo delle vigenti leggi, all’intolleranza, alla mancanza di rispetto per le persone, per i diritti umani e civili. La libertà di stampa è talmente calpestata che il nostro è stato definito “paese semilibero” dagli osservatori internazionali. I diritti umani di tante persone, spesso in fuga da guerre e miseria, vengono calpestati; si attuano i “respingimenti” verso uno stato che non li rispetta, come la Libia con il quale il nostro paese sta stabilendo rapporti commerciali sempre più stretti. In tutti i settori è in costante crescita il numero dei precari e dei disoccupati che perdono il posto di lavoro senza poter usufruire degli ammortizzatori sociali. E’ in atto una politica fatta di tagli selvaggi per compensare il sempre maggior indebitamento dello stato e un PIL sempre più asfittico. Dal mio punto di vista questa situazione rappresenta una sconfitta della democrazia e non va mistificata con “disfattismo”, parola usata dal premier per etichettare la politica della sinistra che, a dir suo, non fa altro che terrorismo. Il governo, ponendo per la venticinquesima volta dall’inizio del mandato, il voto di fiducia, che di fatto tende a svilire sempre più il ruolo del Parlamento, ha approvato lo scudo fiscale, provvedimento che premia chi ha evaso il fisco e accumulato denaro con affari anche illeciti. Mi è difficile trovare un senso etico in questo provvedimento. Io, da cittadino che ha sempre pagato le tasse, sono furibondo perché questo è uno schiaffo morale agli onesti e un incentivo a perseverare per i disonesti. Ma lo sconcerto maggiore mi è venuto leggendo che il provvedimento è passato alla Camera per uno scarto di soli venti voti e che, durante la seduta, si è registrata l’assenza di circa 120 deputati, di cui 29 dell’opposizione. Appare evidente, pertanto, che l’approvazione di questo “mostro legislativo” è da attribuire a tutto il parlamento, non solo alla destra. Penso che il ministro Brunetta farebbe bene ad occuparsi, ancor prima che di altri, dei “fannulloni” parlamentari, perché un comportamento di quel genere istiga molti ad imitarli. Bisogna che le parole riacquistino il loro senso e che chi ci rappresenta si comporti coerentemente al proprio ruolo e mandato e non consideri la res pubblica come una res privata con gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti da tanto, ormai troppo, tempo. Da ultimo mi sia concesso esprimere il mio punto di vista su un fatto recente, che di etico ha ben poco, alludo ai funerali di stato di Mike Buongiorno. Mi pare assolutamente ingiusto accomunare chi ha pagato con la vita il suo impegno per lo Stato e per la pace con chi ha fatto sì bene il proprio lavoro, peraltro molto ben retribuito, nel mondo dello spettacolo, dando avvio alla TV commerciale che tanto giova al patrimonio di pochi e all’ignoranza di molti, ed è morto nella sua lussuosa casa di Montecarlo. Al contrario, mi stupisce che ben poco risalto venga dato a chi, ogni giorno, muore sul lavoro, magari nero, e che non riesce a sbarcare il lunario. Basta con quel disgustoso paraocchi propinatoci da certi media a suon di escort e festini faraonici, funzionali a nascondere una politica che non tiene conto del conflitto d’interessi di chi ci governa. Concludo auspicandomi che il rispetto dei diritti di tutti, la ricerca della libertà in ogni sua accezione e la ribellione verso l’ingiustizia, diventino patrimonio comune e che si riporti l’interesse primario della politica al “Pianeta Uomo”. Utopia???

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sabato 5 settembre 2009

La libertà di stampa

Questo articolo, sotto forma di lettera, è stato pubblicato sul Messaggero Veneto del giorno 8 settembre 2009 col titolo "Un momento molto critico".

La notizia che due organizzazioni internazionali di giornalismo che monitorizzano la libertà di stampa nel mondo, definiscono il nostro paese semilibero posizionandolo dopo alcuni stati sud americani, asiatici e africani, non ha fatto altro che confermare quanto già si poteva supporre: in Italia molta stampa è imbavagliata e di informazione calpestata. Ma come si è potuto arrivare ad una situazione del genere? Mauro de Mauro e Ilaria Alti, tanto per citarne due, hanno pagato con la vita la loro sete di verità. Enzo Biagi e Indro Montanelli, colonne portanti della storia del giornalismo italiano, pur su fronti ideologici differenti, hanno subito pesanti conseguenze per essersi sempre mantenuti coerenti e rispettosi della realtà dei fatti. Credo che senza un’informazione corretta e completa non si possa attuare una costruttiva dialettica tra coalizione al Governo ed opposizione. C’è da chiedersi quale significato si possa attribuire oggi alla parola democrazia. Recentemente il presidente del Consiglio, dall’alto del suo grande potere di controllo dei media, ha esternato giudizi molto pesanti sulla televisione di stato perché, a dir suo, non è possibile che critichi sempre il Governo e l’opposizione, come pure certa stampa deviata. Da ciò si può arguire che le notizie, specie quelle che possono mettere in cattiva luce il Governo, debbano essere addomesticate, dette parzialmente o non dette, all’insegna del se non si sa, non esiste. E’invalso un modo di fare giornalismo secondo la voce del padrone come è ben descritto da Marco Travaglio nel suo libro La scomparsa dei fatti. In pratica la tecnica consiste nell’indirizzare l’attenzione del popolino, perché questa è la considerazione che i nostri governanti hanno di noi, su notizie meno importanti gonfiate per distoglierla dagli avvenimenti più gravi che possano mettere in discussione l’operato del Governo. Inoltre, nella predisposizione dei palinsesti ci si rende conto della volontà di far emergere notizie legate alla violenza, tanto care ad alcuni partiti, soprattutto se compiuta da immigrati. Le parole delitto, crimine, sevizie vengono dapprima enfatizzate nei Telegiornali e poi nei programmi in prima serata, spesso polizieschi, triller, etc. I pochi dati che emergono dalle statistiche mostrano che i reati sono in calo, allora perché tenere tanto alta l’attenzione su tali argomenti? Forse che serva a giustificare le ronde o i respingimenti di qualche barcone di disperati? A questo punto una seria riflessione sul rispetto dei diritti umani va fatta anche riguardo al nostro paese. Si ha l’impressione che vengano rispolverati vecchi scheletri del passato, camuffandoli dietro una facciata di democrazia. Anche il famigerato MINCULPOP impartiva ai giornali e alla radio le direttive cui erano obbligati ad attenersi. Perseguendo l’obiettivo di cercare di imbavagliare ogni voce di dissenso che non riesce a controllare, il nostro governo sta ora predisponendo un lodo anche per il WEB, unica voce ancora libera. E’ evidente che stiamo vivendo un momento assai critico della nostra democrazia che molti, per i loro interessi personali, vorrebbero far apparire in decadenza, ma non solo, visti anche i continui attacchi a cui sottopongono la Costituzione, il Capo dello Stato, la bandiera, l’inno nazionale e perfino la lingua italiana. Ma l’opposizione dov’è? Quando si sveglierà da quell’apatia che pare soffocarla e che agli occhi di un comune cittadino appare complice e, perché no, interessata? D’accordo, è difficile contrastare il potere mediatico di chi ci governa, ma bisogna pur fare qualcosa. E’ necessario individuare linee di condotta chiare e precise ed operare coerentemente. Nel ’68, quando frequentavo l’Università, il motto di noi studenti era Lotta dura senza paura. Oggi, di fronte a questa decadenza etica della politica, invito chi è all’opposizione a farlo proprio e spero che le voci libere del giornalismo abbiano un moto di orgoglio e contribuiscano a farci risalire la china di quest’oscurantismo dell’informazione che ci attanaglia, consapevoli che la libertà di stampa è un diritto di tutti i cittadini italiani, sancito dalla Costituzione.

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giovedì 25 giugno 2009

La politica e il disgusto

Queste riflessioni sono state pubblicate sotto forma di lettera nella rubrica "La posta dei lettori" del Messaggero Veneto in data 01 luglio 2009.

Alcuni mesi fa la parola SCONCERTO ricorreva frequentemente nei miei pensieri, mentre in questi ultimi tempi, è stata sostituita da DISGUSTO, nel senso figurato di repulsione morale.
Non se ne può veramente più! Abbiamo sotto gli occhi un campionario di schifezze degno del Guinness dei primati che faticosamente filtra attraverso le notizie che ci fornisce la poca stampa nazionale ancora libera, ma soprattutto quella internazionale. Siamo proprio caduti in basso!
E’ ormai un dato di fatto che gran parte dei media siano “imbavagliati”, consentendo a chi governa di somministrarci a mò di compresse, o meglio, di supposte, notizie farlocche e dichiarazioni assurde prima proclamate in televisione e poi negate, o attribuite ad altri, e “suggerimenti” su quali testate sia più o meno opportuno inserire la pubblicità dei prodotti delle proprie aziende.
Strano silenzio stampa invece sul conflitto d’interessi che coinvolge chi è al potere e, al contempo, controlla un’ampia fascia dell’informazione.
DISGUSTO per il disorientamento etico a cui stiamo assistendo: “papi-gate”, “Bari-gate”, foto carpite, voli di stato a disposizione di menestrelli e di belle e giovani, anche troppo, ragazze.
DISGUSTO per il non rispetto della democrazia, da parte di chi ci governa che è stato sì scelto dall’elettorato, ma non deve dimenticare che rappresenta tutto il paese, e quindi non può cancellare ogni voce di dissenso solo perché non comoda o arrivare a trattare il governo come un consiglio d’amministrazione dove comanda chi ha il pacchetto di maggioranza.
DISGUSTO per la faciloneria boccaccesca e goliardica che può minare la sicurezza della nostra nazione. Non è pensabile che uno dei leader del G8 possa essere ricattato da qualsiasi gentil dama dalla mutanda facile che, a dispetto di ogni norma di sicurezza, sia riuscita a documentare i suoi intimi incontri.
DISGUSTO del consenso ottenuto da chi, malato di potere, crede di poter agire al di sopra della legge, di sparare a zero sulla Costituzione e di sentirsi in diritto di chiedere di aumentare i suoi poteri. Sarebbe auspicabile, invece, l’aumento dei poteri degli organi costituzionali di controllo, e questo a garanzia e tutela della libertà del cittadino, di ogni cittadino, e per evitare che la res pubblica diventi sempre più res privata.
Se si considera inoltre, che una famiglia su cinque non arriva a fine mese, che sono stati persi molti posti di lavoro e che ci sono lavoratori che non possono neppure usufruire del sostegno di qualche ammortizzatore sociale, come hanno più volte sottolineato Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, e Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia, appare evidente che qualcuno non la racconta giusta.
Nel frattempo chi ci governa, col suo inguaribile ottimismo, continua a ripetere che la fase peggiore della crisi è superata e che è la “sinistra” che ne fa un uso terroristico.
DISGUSTO per come le parole “sinistra” e “comunista” cambino di significato a seconda di latitudine e longitudine, infatti se usate in Italia sono sinonimo di tutte le nefandezze pubbliche o private che accadono, mentre in Russia sono sinonimo di affari.
Miracoli della cabarettistica spiritosaggine italiana.
DISGUSTO per il disegno di legge che propone l’inserimento, nel nostro ordinamento giuridico, del reato di clandestinità. Decisamente la maggioranza degli italiani ha dimenticato quando erano i nostri vecchi ad andare a cercare lavoro all’estero. Non è barricandosi nel fortino e vantandosi dei respingimenti operati su qualche barcone di disperati che si arresta il fenomeno della migrazione. Forse bisognerebbe fornire aiuti alle popolazioni nei loro paesi. Forse sarebbe opportuno regolare con chiare leggi i flussi migratori e mettere gli immigrati nelle condizioni di vivere dignitosamente e godere di tutti i diritti sociali. Forse sarebbe opportuno diventare effettivamente parte dell’Europa e concordare con gli altri stati membri una linea comune. Non dimentichiamo che i primi sfruttatori di questi diseredati spesso sono proprio alcuni nostri concittadini che li assumono in nero per lavori da schiavi senza offrire loro alcuna garanzia né i diritti civili.
DISGUSTO per lo spreco di pubblico denaro. Sono stati buttati all’aria milioni di euro, per non aver voluto fare l’election day, e questo solo per l’interesse particolaristico di alcuni gruppi di potere politico.
DISGUSTO per essere arrivati ad una situazione in cui, per eccesso di frantumazione d’ideali e/o per il perseguimento degli interessi di pochi, è mancata una vera opposizione. Gli elettori sono stanchi e aumenta sempre di più lo scollamento tra la politica e cittadini tanto da far sì che le fila del “partito del non voto” continuino ad incrementarsi.
DISGUSTO estremo per il rifiuto di chi ci governa di rispondere alle domande per fare chiarezza su vicende che non sono più private, ma che interessano tutti e per le continue storielle con cui i nostri governanti ci vogliono imbonire trattandoci come dementi.
E’ ora di finirla che venga insultata la nostra intelligenza!
L’intelletto è il dono più grande che abbiamo avuto e non usarlo sarebbe un atto d’ingratitudine verso Colui che ce l’ha fornito.
Quindi ragioniamo con la nostra testa, anche perché cosa dobbiamo insegnare ai nostri figli: a seguire dei politici furbi abbarbicati alla poltrona dalla quale gestiscono il loro feudo privato o piuttosto a vivere secondo i dettami dell’onestà e del rispetto della legge?

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mercoledì 3 giugno 2009

Historia magista vitae

In risposta alla mia lettera pubblicata sul Messaggero Veneto di lunedì 1 giugno col titolo “Cultura –una definizione non modaiola”, un amico mi ha inviato una mail di condivisione che riportava anche il discorso agli ateniesi, scritto da Tucidide, e tenuto da Pericle nel 461 a.C..
Onestamente non lo ricordavo, ma neanche molti politici del nostro paese, visto quello che si dice, si sente e si vede e visto come si sta cercando di fare andare alla deriva la nostra democrazia. Rileggere questo testo mi ha messo i brividi perché i concetti che esprime rappresentano un programma politico attualissimo per ogni Stato, compagine politica, persona CIVILE.
In questo momento ritengo che tali principi, pur essendo stati enunciati 2470 anni or sono nella terra dove nacque la democrazia, possano essere adottati come guida morale da tutti coloro che si troveranno a governare a livello locale, nazionale ed europeo.

Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo
viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro
dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di
altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una
ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non
siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro
prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle
proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici
affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato
anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che
risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è
buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo,
ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una
politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della
democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà
sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni
ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso,
la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la
nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.

Historia magistra vitae! Non dimentichiamocene!

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mercoledì 27 maggio 2009

2 Eluana Englaro

Queste riflessioni sullo spinoso caso di Eluana Englaro sono state pubblicate sotto forma di Lettera al giornale sul Messaggero Veneto del 5 febbraio 2009

Non siamo nell’Iran di Komeini

Vorrei esprimere alcune considerazioni come persona, cittadino e come medico in pensione, sul caso di Eluana Englaro, ora che si avvia all’epilogo.
Francamente ogni volta che sento parlare o leggo articoli di giornali, scritti a proposito o a sproposito su questa triste vicenda, sulla quale tutti si sentono in dovere di esprimere giudizi e d’invadere la privacy di quella povera famiglia, mi viene in mente la parola SCONCERTO.
Proprio così, resto sconcertato dalla mancanza di rispetto per il dolore della famiglia che, iniziato diciassette anni or sono li accompagnerà per sempre, perché il dolore per la perdita di un figlio non si può cancellare.
Mi domando, indipendentemente dalle opinioni di tutti quelli che spendono tante parole sull’argomento, quale sostegno sia stato dato alla famiglia. Quanti di coloro che difendono verbalmente la vita a tutti i costi, s’impegnino in prima persona tutelando, sostenendo, aiutando, rispettando i diritti delle persone più fragili e agendo in modo che altri li rispettino. Perché persone che soffrono, famiglie che soffrono ce ne sono tante.
Resto sconcertato per la latitanza della classe politica. I politici continuano a dimostrarsi sempre più opportunisti nel lasciare la discussione su argomenti così cruciali per tutti noi, all’onda emotiva della coscienza etica collettiva che, essendo caratterizzata da mille variegate voci, crea solo smarrimento. Sarebbe meglio che argomenti come il testamento biologico o altri che riguardano la vita di tutti fossero discussi nelle sedi opportune e si legiferasse definitivamente in maniera adeguata nel rispetto di chi ha la fede, ma anche di chi non ce l’ha.
Resto sconcertato dalla non osservanza di una sentenza, giusta o sbagliata che la si consideri, emessa dal supremo organo giuridico dello Stato e che molti invitino a disattenderla. I miei genitori mi hanno insegnato che questa è disobbedienza civile. Cosa spiegano ai loro figli, agli allievi, o ai giovani con cui hanno a che fare quelle persone: a seguire le proprie convinzioni religiose o la legge dello Stato? A seguire un’etica obiettiva che miri al rispetto della persona, anche se laica, o solo di quella cattolica? Stiamo parlando di libertà ed io non voglio, di proposito, far parte di quel coro che entra nel merito del problema medico che affligge Eluana e la famiglia Englaro, fornendo un ulteriore voce personale ad un problema che è diventato fin troppo collettivo.
Resto sconcertato dall’ingerenza di certi settori cattolici integralisti che pretendono d’imporre le loro idee anche a chi è laico e non dimentichiamo che lo Stato è e deve rimanere laico! Non siamo in uno stato teocratico come l’Iran di Komeini. La Chiesa cattolica è sì parte integrante della nostra cultura e quindi ha il sacrosanto diritto e il dovere di esprimere le proprie idee, ma non può pensare di imporle a tutti. Nella Costituzione, così spesso disattesa, è garantita la libertà di culto per tutte le confessioni religiose.
Resto sconcertato da alcuni cattolici, così integralisti da sentirsi in dovere di bacchettare il Vescovo per non aver preso provvedimenti drastici, si è parlato addirittura di scomunica, nei confronti dei dieci “preti di frontiera” firmatari dell’ormai famoso quanto scottante documento. Si ha l’impressione di ripiombare ai tempi dell’Inquisizione, quando la Chiesa era più attenta a non perdere il suo potere temporale e l’ortodossia che gli consentiva di mantenerlo, piuttosto che vivere secondo i dettami evangelici.
Resto sconcertato, e con questo concludo, sperando di non apparire come Catone il Censore, bensì come un cittadino nauseato, dall’eccesso di riflettori puntati su questa drammatica vicenda che interessa una sola persona, sottolineando che, di contro, ben poca visibilità è stata data, per esempio, ai milleduecento morti palestinesi o a tutti quelli, laici o missionari, che ogni giorno vengono trucidati negli oltre cento conflitti in corso attualmente nel mondo.
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3 La cultura

Lettera pubblicata sul Messaggero Veneto del 1 giugno 2009.

Cultura
una definizione non modaiola

In un momento di smarrimento dei valori, svuotamento dei significati, in particolare di quelli etici, legato anche al bombardamento mediatico che propone subdolamente una serie di modelli orientati all’apparire più che all’essere, all’effimera bellezza del corpo eternamente inalterato a dispetto di ogni legge di natura, all’onnipotenza del vil denaro, in nome dei quali diventa lecito calpestare qualsiasi legge, dignità e sentimenti, mi sono chiesto che senso, quale valore, quali significati attribuire alla parola cultura, tanto usata, spesso abusata.
Di certo non parlo di quella “cultura” che vorrebbe far credere che la vita sia un reality o che vorrebbe convincere che il “pensiero” giusto sia uno solo e indiscutibile.
Per conto mio CULTURA è:
- aprire la propria mente perché il dono dell’intelletto è il più grande che l’uomo ha mai avuto e sarebbe un segno d’ingratitudine non usarlo al meglio;
- essere protagonisti della propria storia;
- scegliere ciò che è giusto da ciò che non lo è, ciò che è bene da ciò che è male per ognuno di noi, senza dimenticare che il nostro vicino può avere parametri diversi, ugualmente validi, ovviamente nel rispetto della vigente Costituzione e della morale;
- saper distinguere quando chi parla dice la verità o racconta un sacco di bugie;
- conoscere ed esigere i propri diritti;
- far sentire la propria voce, partecipare alle decisioni, non lasciarsi ingabbiare da idee preconcette, ma farsi personali opinioni;
- saper ascoltare gli altri e avere il coraggio di dire “Non ho capito! Spiegami meglio!”;
- capire che è fruttuoso per tutti collaborare per la costruzione del bene comune, e imparare a dialogare, condividere e confrontarsi;
- avere il coraggio di dire “Ho sbagliato!” e trovare la forza per chiedere scusa;
- capire che gli “altri” non sono i “cattivi” e che nella diversità sta una grande ricchezza;
- rispettare se stessi, gli altri e la natura;
- rispettare la propria storia e le tradizioni, far tesoro del passato e guardare al futuro;
- concedersi di aver dubbi come stimolo per pensare, discutere con se stessi e con gli altri, elaborare conclusioni, ma essere pronti a rimettersi in discussione alla luce di un nuovo dato, non accontentarsi delle “certezze” altrui;
- godere del bello e considerarlo come stimolo di discussione e confronto e quindi di “crescita”;
- imparare ad usare le proprie conoscenze in contesti nuovi, coltivando la trasversalità del pensiero.

Per me l’uomo colto non è chi possiede un sapere settoriale, per vasto che possa essere, ma colui che è in continua evoluzione, che custodisce gelosamente e coltiva dentro di sè la capacità di stupirsi dalle cose nuove e diverse, che non si barrica nella torre eburnea della conoscenza, ma che compenetra tutto il suo sapere con l’umanità e ciò lo rende a pieno titolo cittadino della società civile.
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1 Presentazione

Io e mia moglie, dopo trent'anni di matrimonio, abbiamo, forse anche più di prima, la voglia di confrontarci su molti argomenti che spesso ci portano a fare delle riflessioni, così abbiamo pensato di pubblicarle su un blog per ampliarne la discussione.
Io, tra l'altro, ho l'hobby di scrivere, tanto che ho realizzato dal 2003 ad oggi, cinque libri sui quali potete documentarvi nell'altro mio blog i libri di beppe avanzato. In tutte le mie pubblicazioni si dà voce alla gente che racconta i suoi vissuti ricostruendo così la storia quotidiana di chi ha vissuto momenti drammatici, importanti in una zona di confine com'è la Carnia, magari prendendo spunto anche da aspetti particolari come, per esempio, dalla corrispondenza.
Devo dire che gli stimoli alle nostre riflessioni traggono origine a volta dalla cronaca politica, a volte da fatti di costume nazionali o locali spesso sociali e a forte valenza etica. Quando facciamo o faccio qualche riflessione che ritengo o riteniamo importante la scrivo, anche perché così ne resta traccia. Ultimamente ho preso l'abitudine di scrivere alcuni pensieri che sono in genere improntati al rispetto della persona e all'indignazione che origina dal sopruso, in particolare quando certi valori vengono calpestati in maniera brutale dal potere legato a qualsiasi tipo di lobby.
Ci piacerebbe confrontarci col pensiero di altri e quindi ci farà piacere ricevere i vostri commenti.
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