giovedì 7 ottobre 2010

Barconi. Dai giochi alla realtà.

Questa lettera è stata pubblicata nella rubrica per Posta e per E-Mail del Messaggero Veneto il 15 ottobre 2010.

La connettività di internet rappresenta un’eccezionale opportunità per ampliare i contatti, le conoscenze e gli scambi a distanza tra le persone ma, a fronte di tali vantaggi, ci abitua ad una realtà virtuale che può riservare brutte sorprese. Più volte abbiamo amaramente constatato come la realtà quotidiana non sia ciò che il web ci rappresenta. Ciò nonostante non avrei mai pensato che da un gioco virtuale, che circolava sul sito della Lega in cui i giocatori guadagnavano punti a seconda di quanti barconi d’immigrati riuscivano ad affondare, si potesse arrivare alla cruda realtà del mitragliamento, da parte dei libici, di un peschereccio italiano che si trovava in acque internazionali. Dopo un iniziale assordante silenzio istituzionale su quell’aggressione, sono comparse le allucinanti dichiarazioni di alcuni esponenti del governo. Secondo quanto si è appreso dai pochi media che hanno riportato la notizia, Il ministro Maroni avrebbe detto: “Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave con clandestini”. Ha dell’incredibile che un ministro del governo faccia simili affermazioni. Non si tratta di uccelli migratori con i quali fare il tiro al bersaglio, come ha esternato l’on. Di Pietro. Chiara e decisa la denuncia del vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero: “Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo. Noi siamo preoccupati per la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone”. E’ acclarato che i libici non brillano quanto a rispetto dei diritti umani e lo hanno dimostrato in più occasioni, però anche il nostro governo non fa una bella figura a firmare l’accordo sul respingimento dei migranti. Nel 2007 il ministro degli interni Giuliano Amato ha fornito ai libici sei motovedette, come quella da cui si è aperto il fuoco contro il peschereccio, sulle quali si trovano tuttora militari italiani in veste d’istruttori, allo scopo di effettuare il pattugliamento marittimo, la ricerca e anche il salvataggio dei migranti. Nel 2009 il ministro Maroni ha regalato definitivamente le imbarcazioni ai libici. Tutto questo accadeva a pochi giorni di distanza dallo show circense in occasione dell’arrivo a Roma del colonnello Gheddafi con al seguito cavalli berberi, amazzoni e altre amenità. Il nostro presidente del consiglio, pur di concludere accordi economici, si è prestato a supportare queste buffonate dimostrando anche una certa sudditanza nei confronti di quel folcloristico ràs che non avrebbe trovato una simile accoglienza in nessun altro paese democratico. Non dimentichiamo che alcuni anni or sono dalla Libia erano partiti due missili diretti a Lampedusa e che sono frequenti i sequestri di nostri pescherecci in acque internazionali. Il colonnello Gheddafi ha, unilateralmente allargato il limite di sette miglia per le acque territoriali a tutto il Golfo della Sirte, infischiandosene delle convenzioni internazionali. Da Gheddafi, che ha un potere assoluto nel suo paese, ci si può aspettare di tutto ma dal governo di un paese democratico ci si aspetterebbe chiarezza negli accordi internazionali e garanzie di non aggressione per chiunque. Purtroppo ci si rende conto che il primum movens di ogni azione è il diosoldo, in nome del quale chi ci governa pensa di poter calpestare tutto solo perché dalla Libia arrivano in Italia commesse per alcune industrie, ingenti capitali investiti in colossi bancari, in squadre sportive, ecc. Nel 1912 erano gli italiani a sbarcare militarmente sul territorio libico per conquistarlo, ora, quasi come una nemesi storica, sono loro a insinuarsi coi petroldollari nel nostro sistema economico-produttivo. Siamo a questo punto perché i politici italiani non si sono dimostrati lungimiranti nell’approntare un piano di ricerca e d’investimenti sulle energie alternative, perpetuando la sudditanza verso i paesi produttori di petrolio. C’è da augurarsi che, in un insperato rigurgito d’orgoglio nazionale, emerga, tra chi ci rappresenta, qualcuno che trovi la spinta per dire basta a tutte queste sottomissioni e pagliacciate!

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