lunedì 25 ottobre 2010

Fare attenzione non alla malattia.Considerazioni sulle dichiarazioni del Presidente della Provincia di Udine

Questa lettera è stata pubblicata nella rubrica "per posta e per E mail" del Messaggero Veneto il 1 novembre 2010.

Leggere sul Messaggero Veneto del 23 ottobre “Fontanini: classi separate per i disabili”, mi ha lasciato senza parole. L’unico aspetto positivo di quelle dichiarazioni, come ha rilevato il governatore Tondo, è di aver sollevato con prepotenza un problema reale. Quest’episodio mi ha stimolato alcune riflessioni, memore anche delle passate e presenti battaglie che io e mia moglie ci vediamo costretti a combattere da sempre per far rispettare i diritti di nostro figlio, giovane uomo con disabilità. Spesso i politici, gli amministratori, ma anche diversi “addetti ai lavori”, non centrano l’attenzione sulla Persona, anzi tendono ad identificarla con la sua malattia, problema o anomalia genetica. Credo proprio che i punti nodali della questione siano il rispetto per la persona e la sua dignità e la tutela dei diritti. E’ opportuno sostenere un cambiamento culturale indirizzato, appunto, verso la tutela dei diritti e la promozione della qualità della vita e non in senso risarcitorio, ormai superato, in teoria, anche dalle leggi vigenti, dalla Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità, ecc., che mirano all’inclusione sociale scolastica e lavorativa delle persone con disabilità, e di certo non alla loro ghettizzazione come proposto dal Presidente della Provincia di Udine. Per ritornare al tema della scuola, vorrei soffermarmi sull’argomento “insegnante di sostegno”. Certo è quanto mai opportuno che sia specializzato, ma io credo che non sia sufficiente. Mi spiego meglio utilizzando uno slogan dell’Anffas di cui sono socio. Per svolgere bene il suo compito un insegnante, e non mi riferisco solo a quelli di sostegno, deve saper integrare “il cuore e la ragione”: la ragione è rappresentata dalla competenza tecnica, il cuore dalla motivazione, dalla sensibilità, dalla capacità relazionale, dalla disponibilità all’ascolto e dalla creatività. Non dimentichiamo che, contrariamente a quanto spesso avviene, il ruolo dell’insegnante di sostegno non è quello di prendersi l’alunno con disabilità e lavorare con lui fuori dall’aula, ma piuttosto quello di mediatore e di appoggio per l’intera classe, magari operando in piccoli gruppi. Daniela Beltrame, dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale, ha detto che in Friuli Venezia Giulia, gli insegnanti di sostegno nell’anno in corso, sono stati incrementati di 18 unità, e che è necessario costruire una rete tra tutti gli attori che orbitano attorno allo/a studente con disabilità (servizio sanitario, scuola, enti locali, famiglie, ecc) per armonizzare le competenze e trovare le risposte concrete ai bisogni individuali. Di contro però, con la riforma Gelmini, sono diminuiti gli insegnanti curricolari e il personale Ata, e sono aumentati gli alunni per classe, parallelamente alle difficoltà di apprendimento e sociali e alle diversità culturali. Tutto ciò rende molto più complesso il lavoro formativo ed educativo che nella scuola, per definizione, si dovrebbe svolgere. I primi a soffrire di questa situazione sono gli allievi con disabilità, ma ne risentono tutti i bambini e ragazzi che si vedono sfumare tra i banchi il sacrosanto diritto all’istruzione e ad usufruire dell’opportunità, assai formativa se ben accompagnata, di confrontarsi con coetanei con disabilità e varie diversità. E’ ormai universalmente riconosciuto che la disabilità si esprime in maniera diversa in base alle interazioni che la persona disabile ha con gli altri e l’ambiente in cui vive. Il che si traduce in: più elementi sfavorevoli, maggiore gravità nell’espressione della disabilità. E’ responsabilità di ognuno ridurre i fattori disabilitanti nei contesti di vita e non c’è dubbio che l’isolamento sia uno di questi. Il prof. Fontanini, prima come insegnante poi come Presidente della Provincia, dovrebbe più di altri conoscere e praticare questi concetti basilari del vivere civile. Dobbiamo essere orgogliosi di far parte di uno stato che ha abolito le classi speciali dal 1977, anche se a Udine sono sopravvissute nella pratica fino ai primi anni del 2000. Su questo baluardo, faticosamente conquistato, che ci colloca tra i paesi civili culturalmente progrediti, tornare indietro sarebbe intollerabile.

link collegatohttp://libridibeppeavanzato.blogspot.com/

2 commenti:

  1. caso giuseppe, leggo con contentezza il suo articol, sono studentessa in sociologia all università di bologna , mi interesso in particolare di queste tematiche (disabili-scuola- famiglie-)in quanto spero di poter svolgere la mia futura professione in questo campo e aiutare le famiglie sopprattutto con figli con situazioni di disabilità per i quali non solo ancora (in Italia) non vengono attivate ma nemmeno ancora si pensa che queste situazioni possano essere affrontate in termini di servizi i quali sostengano la famiglia ed in particolare le persone con disabilità, le quali purtroppo vengono ritenute ancora non capaci (ed è questo secondo me ciò di cui le politiche dovrebbero occuparsi ) , dicevo, non capaci di essere partecipi ed essere riflessivi in un ottica di sostegno ..
    si veda ad esempio il fatto che assistiamo ancora e molto spesso e continuamente a fenomeni di differenziazione continua .
    Io credo che le buone pratiche che vengono attivate o comunque tutti quei servizi a 360 gradi per le famiglie e per gli individui singoli generino sicuramente buone strade
    ma che ancora non si pensa che anche chi ha per varie cause, vari fattori o semplicemente varie disavventure ottenuto il certificato d invalidità o comunque sia etichettato "disabile" - "disagiato", sia anch'esso risorsa e fonte di positività e rimessa in discussione del proprio essere!!
    le lascio la mia mail:

    sospirisociali@hotmail.it

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  2. qui trova anche post- note su istruzione-disabilità
    è il mio blog
    http://socialdreams.wordpress.com
    samantha

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